Eredità digitale e gestione degli account

I social network sono sempre più parte integrante della vita degli utenti al punto da avere ripercussioni sull’individuo anche dopo la sua morte. I casi di cronaca sono molti e sempre più frequenti, tanto che si sta ponendo in modo crescente il problema dell’eredità “digitale”. Alcuni social network da tempo hanno previsto alcune soluzioni tecniche […]

I social network sono sempre più parte integrante della vita degli utenti al punto da avere ripercussioni sull’individuo anche dopo la sua morte. I casi di cronaca sono molti e sempre più frequenti, tanto che si sta ponendo in modo crescente il problema dell’eredità “digitale”.

Alcuni social network da tempo hanno previsto alcune soluzioni tecniche alla questione. Ad esempio sia Facebook che Google hanno inserito la possibilità di designare una persona, o più, nel caso di Google, a cui affidare la gestione dell’account “post mortem”. Facebook prevede questa possibilità solo in caso di morte, mentre Google estende tale facoltà anche in caso di prolungata inattività dovuta ad altre cause. Per quanto riguarda Twitter, è possibile richiedere la cancellazione del profilo dell’utente inviando il certificato di morte. Il tema rimane comunque controverso e la questione non è stata ancora affrontata del tutto dal punto di vista giuridico.

La Germania nel 2012 ha dovuto trattare la questione a seguito di un ricorso presentato dinnanzi al Tribunale di Berlino dai genitori di una adolescente che avevano sollecitato l’accesso al profilo Facebook della propria figlia dopo la sua morte. Nei vari gradi di giudizio si sono avite decisioni contrastanti fino alla pronuncia della Corte Federale di Giustizia tedesca nel 2017 che ha consentito l’accesso ai genitori al profilo Facebook della ragazza.

Neppure il Regolamento Europeo 2016/679 in materia di privacy  ha portato a una soluzione. Il Regolamento è stato però l’occasione per una regolamentazione della questione almeno in Italia.

Infatti, modificando il Codice Privacy per adeguarlo al GDPR, il legislatore ha inserito l’art. 2-terdecies  intitolato “Diritti riguardanti le persone decedute” che prevede quanto segue:

  1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.
  2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.
  3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma.
  4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3.
  5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi.

Quindi, in base alla novella, i diritti delle persone decedute possono essere esercitate da terzi a meno che a ciò non si sia opposto in modo specifico l’interessato.

Inoltre, da qualche anno il Consiglio Nazionale del Notariato ha dato avvio ad un progetto con Microsoft e con Google e ha pubblicato un decalogo per sensibilizzare gli utenti. Tra i punti consiglia anche di affidare ad una persona di fiducia le credenziali con istruzioni chiare su cosa fare in caso di decesso, attraverso un mandato post mortem.

In conclusione, la questione rimane tutt’ora aperta ma, seppur in assenza di una normativa specifica, in Italia alcuni tasselli sono stati posti.